Dolore pelvico cronico femminile

Nel campo ginecologico la sindrome dolorosa pelvica è una delle problematiche più diffuse ed è legata a molteplici fattori (organici, psicologici etc) . E’ infatti in continuo aumento la rilevazione di disturbi come vulvodinia, cistiti ricorrenti e dolore del pavimento pelvico che condividono come elemento comune un  dolore che influisce oggettivamente con la qualità della vita delle pazienti da molteplici punti di vista.
Ad oggi è ormai riconosciuto e confermato dalla letteratura clinica il ruolo dei fattori psicosomatici conivolti nell’esordio dei disturbi e nel loro mantenimento, in particolare lo stress risulta essere un elemento capace di creare un’alterazione psico-biologica rendendo la persona più vulnerabile alla malattia (Puliatti, 2010).
Il dolore può cambiare il modo in cui l’individuo elabora le informazioni e questo si ripercuote sulla percezione del dolore stesso, è stato infatti mostrato come un certo tipo di vissuto legato ad uno stimolo dolorifico cronico aumenti di fatto l’intensità del dolore.
Chi convive con questa esperienza spesso riporta stati di intensa ansia, angoscia, rabbia e tristezza che alimentano un circolo vizioso che amplifica il dolore e diminuisce drasticamente la qualità della vita delle pazienti (contesto relazione, sessuale, professionale) influendo sull’autostima e sulla percezione di poter affrontare in maniera efficace il proprio problema.
Nella genesi del dolore, negli ultimi anni si è posta attenzione alla relazione fra eventi traumatici e dolore, la somatizzazione dolorosa viene correlata a traumi nella prima infanzia (maltrattamenti, abusi, etc) che influirebbero sui normali meccanismi di regolazione biologica.
In condizioni di normalità, a fronte di un evento critico, nella persona si scatena una reazione di allarme con aumento della tensione muscolare per poter mettere in atto tutti i comportamenti utili a ad allontanarsi dal pericolo (reazione di attacco e fuga); ma nel caso in cui l’allarme sia legato ad esperienze negative del passato, la tensione del muscolo che si protrae nel tempo creerà ipertonia, dolore fisico e quindi ansia, emozione che a sua volta aumenta la tensione. Iperattivazione, contrazione e irrigidimento  in realtà sono risposte normali che non sempre e non in tutti generano una specifica sintomatologia (Levine, 2002; Levine e Kline 2009); se ciò avviene è legato al fatto che la persona vive in un costante senso di pericolo (tipico delle vittime di traumi)
Vulvodinia
L’international Society for the Studi of Vulvovaginal Diasease definisce la vulvodinia come un disturbo vulvare spesso descritto come bruciore, dolore, in assenza di alterazione obiettivamente visibili di un qualche rilievo o di disturbi neurologici clilinicamente identificabili, della durata di almeno 3 mesi (Haefner et al., 2005). La vulvodinia è fra le affezioni più diffuse: negli Stati Uniti almeno il 15 % delle donne soffre almeno una volta nell’arco della vita di dolore vulvare cronico.I sintomi maggiormente riscontrati sono:
• dolore e/o bruciore
• dispaurenia
• lieve eritema vestibolare
• possono inoltre essere presenti: allodinia, iperalgesia, clitoralgia
Nelle donne con dolore vulvare l’esordio della sintomatologia può coincidere con un evento di vita stressante, possono inoltre essere presenti altri disagi psicologici quali disturbi d’ansia, tratti depressivi etc.
Sindrome del dolore pelvico cronico
La sindrome del dolore pelvico cronico colpisce la zona pelvica, addominale e/o perineale, ed è caratterizzata da un ipertono dei muscoli del pavimento pelvico cosa che provoca una molteplicità di sintomi fra i quali: fastidio o dolore in sede rettale, genitale e addominale,  dolore durante e dopo l’attività sessuale e spesso frequenza urinaria; si associa frequentemente a sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea) o cardiocircolatori (tachicardia,lipotimia, cefalea).
A causa dei sintomi i pazienti sono costretti a ricorrere per periodi prolungati ad antidolorifici o psicofarmaci (per gestire in tal caso i disturbi del sonno e dell’umore).
Cistite ricorrenti
La cisitite è una sindrome eterogenea caratterizzata da dolore pelvico, frequenza/urgenza urinaria in assenza di infezioni riscontrabili. La Cistite Interstiziale  può essere estremamente invalidante,  da uno studio condotto negli Stati Uniti su questa patologia, è emerso che i pazienti affetti da Cistite Interstiziale in stadio avanzato conducono una qualità di vita addirittura più difficile dei pazienti in dialisi.
Trattamento integrato
Proprio per le caratteristiche del dolore pelvico femminile descritte precedentemente , un intervento terapeutico efficace dovrebbe tener conto della dimensione multifattoriale in cui, spesso, si fatica a distinguere la componente organica da quella psicologica. E’ pertanto necessario il conivolgimento di un equipe composta da più professionalità. A prescindere dagli approcci più chiaramente monolaterali e riduttivi, si nota nella letteratura un interesse consolidato per una terapia che sia per definizione integrata: ginecologica/riabilitativa, psicoeducazionale, sessuologica e psicoterapeutica (Puliatti).
Nel trattamento di pazienti con dolore pelvico collaboro con l’ ostetrica (dott.ssa Ester Veronesi) che, in caso di disturbo uro-genitale, provvede a:
1. valutazione ginecologica
2. trattamento fisico- riabilitativo
3. trattamento antalgico
Questo protocollo permette la riduzione della sintomatologia presentata attraverso:
• Presa di coscienza della patologia per migliorare la compliance al trattamento;
• modificazioni comportamentali che andranno ad aiutare e migliorare l’efficacia del trattamento e a ridurre le recidive;
• riduzione di eventuale infiammazione a livello vestibolare e in alcuni casi modulazione del dolore a livello centrale (nei casi più severi).
• lavoro sui muscoli del pavimento pelvico, attraverso tecniche di fisiokinesiteraia (stretching e trattamento miofasciale, biofeedback ed elettrostimolazione funzionale (antalgica, decontratturante e di modulazione del dolore).
Presa in carico psicologica
La presa in carico psicologica prevede un approccio di tipo cognitivo-comportamentale che, le linee guida Nazionali ed Internazionali indicano per una molteplicità di disturbi come il trattamento d’elezione , con o senza il farmaco; il mio protocollo ha quindi come obiettivi:
1. aumentare la compliance del paziente;
2. migliorare la qualità di vita del paziente, contrastando l’insorgenza di atteggiamenti ansioso-depressivi che inevitabilmente accompagnano la sintomatologia dolorosa cronica;
3. ottenere una diminuzione nella percezione soggettiva del dolore e quindi un minor consumo/abuso di farmaci analgesici;
4. raggiungere il massimo livello di prestazionalità funzionale del paziente, compatibilmente con la patologia di base.
Il protocollo prevede:
valutazione diagnostica e analisi dei bisogni
Psicoeducazione al dolore  .
Apprendimento abilità di fronteggia mento del dolore
Tecniche di gestione del dolore
Oltre al protocollo cognitivo comportamentale applico al trattamento del dolore cronico il metodo EMDR. Questo metodo, descritto per la prima volta da Francine Shapiro nel 1989 come cura dei ricordi traumatici, è stato nel corso del tempo perfezionato ed applicato a molti disturbi psicologici.
L’EMDR si propone in questo ambito clinico come uno strumento di straordinaria versatilità, potendo infatti intervenire sia a livello delle cause remote (eventi stressanti/traumatici, educazione sessuale distorta, distorsione dell’immagine corporea, etc), che delle contingenze attuali che mantengono o peggiorano la sintomatologia (evitamenti, aspetti depressivi, disturbi d’ansia).
E’ possibile, inoltre, lavorare direttamente sul dolore inteso come sintomo, sugli scenari futuri connotati negativamente dalla paziente,  frequentemente connessi alla percezione del dolore stesso.

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